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Michele Alessi
Parliamo con Michele Alessi Vice Presidente di Alessi SpA
Alessi è un’azienda leader mondiale nel design industriale, simbolo del made in Italy, divenuta B-Corp nel 2017.
Qual è la visione di fondo che orienta il modo in cui fa impresa?
Il modello del “Circolo Virtuoso”, ispirato dal lavoro di Vittorio Coda, è al tempo stesso il mio modo di guardare all’impresa, la finalità che le attribuisco, l’orientamento valoriale, il modello decisionale che utilizzo (anche implicitamente) e il riferimento per la misurazione dell’impatto.
Il modello è stato nel tempo adattato alla realtà della Alessi e semplificata in quello che, a scopo divulgativo, chiamo “modello delle 3 P”.
La visione semplificata
In sintesi, il modello rappresenta l’impresa come un circolo virtuoso che ruota intorno a 3 elementi costitutivi: le Persone, dalle quali tutto ha inizio; il Prodotto, che ci collega al vero signore e padrone di ogni azienda, il cliente; e il Profitto, senza il quale l’attività d’impresa non può sopravvivere.
La specifica finalità della Alessi, per come la vedo io.
Il Circolo Virtuoso esprime una triplice finalità, non tre finalità che in qualche modo si sommano. La finalità della Alessi è quella di perseguire allo stesso tempo questi tre obiettivi, tenendoli in equilibrio fra loro e facendo in modo che si influenzino positivamente l’un l’altro:
Il primato nella Design Excellence
la consistenza della redditività nel lungo periodo
Un ambiente di lavoro speciale
Il CV come stella cometa, per ispirare e guidare le decisioni
Il Circolo Virtuoso è la rappresentazione di alto livello di una visione. Pur non essendo concepito come strumento operativo, guida e indirizza anche la gestione.
Il modo più naturale di utilizzarlo è considerarlo come una stella cometa: un riferimento da seguire di fronte ai bivi. Che ci promette una meta di soddisfazione anche se e quando non la vediamo ancora con chiarezza. Il bello, e il difficile, è il compromesso, la mediazione tra i tre obiettivi da tenere contemporaneamente in considerazione; è anche la sfida che, personalmente, mi porta a scovare soluzioni che a prima vista possono sfuggire.
Il CV per la diffusione di una visione sistemica in azienda
Nella mia interpretazione, ogni ruolo aziendale, ogni attività, ad ogni livello, impatta direttamente o indirettamente su tutte e tre le componenti. Quanto più si sale nella scala gerarchica dell’azienda, tanto più è necessario avere uno sguardo circolare. Scendendo naturalmente le prospettive cambiano, ma resta importante a tutti i livelli evitare la “polarizzazione” dei punti di vista: questa rappresentazione invita ognuno ad allargare il proprio sguardo, pur salvaguardando la propria specializzazione.
L’impatto sul contesto
È stato molto bello rendersi conto che gli stessi obiettivi che ritengo così centrali e indispensabili per il successo della nostra impresa implicano anche un beneficio per la società. E’ questa la piccola buona notizia che vorrei continuare a testimoniare: che, a condizione di adottare una sana concezione della finalità dell’impresa e quindi del suo ruolo sociale, il bene dell’azienda va di pari passo col bene di tutti gli stakeholder con i quali si relaziona: l’impresa è fatta per crescere insieme al contesto.
Ci fa qualche esempio di applicazione concreta di questo modo di vedere l’impresa?
Racconto due progetti “emblematici”, nati in contesti diversi e con un peso specifico molto diverso, ma forse utili a capire meglio le implicazioni (e l’impatto) di una visione circolare.
“MAKE OR BUY”?
Nel 2008, all’inizio della crisi economica, si presenta (non per la prima volta) la necessità di interrogarsi sulla sostenibilità della Fabbrica di Crusinallo e sulla possibilità di intraprendere la strada, percorsa dai più, di delocalizzare. Al di là del desiderio della proprietà di mantenere la produzione sul territorio, si presenta l’esigenza di metterla in discussione per garantire la consistenza dei risultati economici per l’azienda.
Lo sviluppo del progetto coinvolge molte funzioni aziendali: Direzione Generale, Marketing Prodotto, Acquisti, Produzione, Risorse Umane
Elementi entrati in gioco nella decisione
- Profitto
- costi di produzione vs costi d’acquisto (con preventivi su prodotti reali a titolo di esempio)
- impatto sui costi indiretti
- ammortamento dei costi degli stampi
- costi della riduzione del personale
- attenzione a non fare passi irreversibili, in ottica prudenziale
- Persone
- Impatto della delocalizzazione in termini di riduzione del personale
- Flessibilità al cambiamento da parte delle persone (mantenere la fabbrica deve essere uno sforzo condiviso)
- Prodotto
- Desiderio di conservare il “laboratorio d’arte applicata” che la fabbrica rappresenta: il progetto e il prodotto nascono nello stesso luogo e si osservano a vicenda
- Tutela del presidio tecnologico sullo stampaggio a freddo del metallo
- Possibilità di produrre in piccoli lotti (essenziale ad una “enciclopedia del design” fatta di oltre 3000 pezzi) e flessibilità nei tempi di produzione, in risposta a commesse difficili
- Distintività del brand Made in Italy
- Comunità e Ambiente
- Effetti sull’indotto locale
- Smaltimento degli impianti dismessi
Esito del processo decisionale
- Scelta di mantenere la Fabbrica, senza tagli ai posti di lavoro e contenendo il più possibile l’accesso alla CIGO
- Revisione dei processi decisionali (in ottica di bilanciamento tra acquisti e produzione) e produttivi (in ottica di massimizzazione dell’efficienza e ottimizzazione non traumatica dei costi di produzione)
- Nuovo contratto flessibile concordato con i sindacati
- Sviluppo di progetti di design e di iniziative di marketing specificamente finalizzati all’aumento delle ore di produzione della fabbrica. A titolo di esempio:
- (UN)Forbidden City (2012), un capitolo esemplificativo dell’attività di Alessi di esplorazione di nuovi linguaggi espressivi internazionali, nato con l’obiettivo specifico di realizzare oggetti pensati in Asia ma da produrre a Crusinallo, in base al brief provocatorio “Designed in China, made in Italy”.
- “Taglia e piega” (2013) è il titolo di un briefing di progetto nato con l’intento di “indirizzare” la creatività dei designer, coinvolti tramite concorso, verso progetti producibili nella fabbrica di Crusinallo. L’utilizzo del laser, unitamente a semplici pieghe del metallo, consente di generare forme complesse a fronte di investimenti contenuti, grazie al presidio tecnologico dello stabilimento.
“BUON LAVORO, LA FABBRICA PER LA CITTÀ”
Il 2013 è stato caratterizzato dalla straordinaria concomitanza tra un momento di sovracapacità produttiva, e un anno di ottima redditività. La Cassa Integrazione, importante strumento di gestione delle crisi industriali, è sempre stata “antipatica” all’azienda, a causa della negatività del messaggio che manda alle persone, molto lontano dalla cultura di valorizzazione del lavoro in cui abbiamo sempre creduto.
Ci si è pertanto potuti concedere il lusso e la sfida di trovare una soluzione alternativa e più coerente, per la gestione delle ore di esubero, con l’obiettivo principale di rafforzare la relazione con le persone, restituendo valore al loro lavoro in un momento di crisi.
Anche in questo caso lo sviluppo del progetto, ha coinvolto trasversalmente più funzioni aziendali: Risorse umane, Produzione, Amministrazione, Comunicazione
Elementi entrati in gioco nella decisione
- Persone
- Desiderio di mandare un messaggio positivo e motivante, a fronte di un momento di inattività della fabbrica
- Necessità di dare un’occupazione (utile) ai dipendenti della fabbrica, alternativa al loro impiego ordinario in produzione
- Compatibilità dell’organizzazione di un’attività in esterno con la necessità di portare avanti le attività ordinarie in azienda
- Attenzione ai desiderata delle persone (anche in termini di attività da svolgere)
- Profitto
- Costi legati alla non attivazione della CIGO
- Ragionevolezza dell’investimento (rispetto ai ritorni di natura non economica)
- Prodotto
- Opportunità di contrastare la negatività, anche in termini di immagine, legata al momento di crisi della fabbrica
- Opportunità di dimostrare creatività e innovazione in contesti diversi da quello del prodotto di design
- Comunità e Ambiente
- Possibilità di rispondere in modo efficace a bisogni della comunità, attraverso il lavoro delle persone
- Opportunità indiretta di rafforzare la relazione con il territorio
Esito del processo decisionale
- Anziché attivare la Cassa Integrazione, è stato proposto ai dipendenti della sede di Omegna di dedicare parte del proprio tempo regolarmente retribuito ad attività socialmente utili a favore della comunità locale.
- L’adesione, totalmente volontaria, è stata dell’88%, per un totale di 9712 ore di lavoro dipendente destinate ad attività quali la ritinteggiatura della scuola, la pulizia di strade e sentieri, l’accompagnamento di anziani e disabili. L’iniziativa ha inoltre coinvolto altre 42 persone (pensionati, agenti, fornitori, volontari) per ulteriori 436 ore di volontariato.
- Nell’ambito della survey realizzata a inizio 2018 (a 5 anni di distanza dal progetto) il 95% dei dipendenti dichiara di apprezzare l’iniziativa di Alessi a favore della comunità e il 75% conferma che questo ha inciso positivamente sulla relazione con l’azienda.
- Anche in termini di comunicazione i ritorni sono stati estremamente positivi. La valorizzazione complessiva stimata per le uscite tra stampa, radio e TV è di oltre 3,5 milioni di euro (quasi 12 volte il costo totale del progetto).
- Infine, il progetto ha ispirato una proposta di legge, presentata dal Senatore Ichino e firmata da un gruppo di parlamentari bipartisan, volta a istituzionalizzare e incentivare il volontariato come pratica alternativa alla Cassa Integrazione.
Evoluzione del progetto
Negli anni successivi al 2015, le condizioni di mercato e i cali di produzione hanno reso imprescindibile l’attivazione di periodi di Cassa Integrazione Ordinaria. Con l’obiettivo di continuare a sostenere l’impegno dei lavoratori a favore della Comunità locale, Alessi ha attivato il progetto “Buon Lavoro – Diamoci una mano”, impegnandosi ad integrare la retribuzione corrisposta dall’INPS per le ore che i dipendenti scelgono di dedicare ad attività di volontariato.
Pur differenziandosi nella forma, questa iniziativa nasce dallo stesso spirito e dagli stessi obiettivi che avevano portato alla realizzazione del progetto “Buon Lavoro 2013”: dare valore al lavoro delle persone, anche nei momenti in cui questo non può essere impiegato in azienda, e prestare un’attenzione speciale alla Comunità in cui l’azienda opera e noi tutti viviamo.
Come mai Alessi ha deciso di diventare B Corp, e cosa significa concretamente esserlo?
Le B Corp sono imprese che, convinte che la propria finalità non si esaurisca nel perseguimento del profitto, lavorano per massimizzare il proprio impatto positivo verso i dipendenti, le comunità in cui operano e l’ambiente, usando il business come forza rigeneratrice per la società e per il benessere del pianeta. Diventare una B Corp dunque ha significato, dal mio punto di vista, tradurre in una certificazione formale e riconoscibile quello che da sempre per me è il senso del “fare impresa”: portare Arte e Poesia nella produzione industriale, soddisfacendo i bisogni culturali ed estetici del pubblico; operare in modo responsabile e trasparente nella gestione delle persone, valorizzando il loro lavoro creando opportunità di sviluppo dell’identità professionale; perseguire un profitto equo e sostenibile, creando ricchezza anche per il contesto: tre obiettivi strategici che si rafforzano l’un l’altro, creando un circolo virtuoso in cui si giocano allo stesso tempo il successo del business e il bene della comunità.
La certificazione è stata ottenuta dopo aver concluso positivamente un complesso e articolato processo di valutazione d’impatto (B Impact Assessment), nato per verificare che l’attività dell’azienda sia diretta ad ottenere un effetto positivo sulla comunità, non solo in termini economici ma anche di impatto sociale e ambientale. La valutazione prende in considerazione le pratiche, le iniziative e i risultati ottenuti in cinque aree tematiche: governance, relazione coi dipendenti, relazione coi clienti, ruolo dell’azienda nella comunità, sostenibilità ambientale di processi e prodotti. In ognuna di queste aree Alessi ha ottenuto una valutazione più alta della media delle aziende che si sottopongono al percorso di valutazione, 55.000 (di cui solo 2178 in 50 paesi e 130 industrie hanno finora ottenuto la certificazione).
Una cosa che mi rende particolarmente orgoglioso è che, per raggiungere questo risultato, non è stato necessario attuare alcun cambiamento nei processi: è bastato raccontare quello che già eravamo, quello che facevamo. Non solo in termini di attività straordinarie (che pure facciamo e ci piace fare), ma proprio attraverso la nostra attività d’impresa e il modo in cui essa viene svolta.
Non solo avere un nostro museo, che rende accessibile il patrimonio culturale costruito in quasi 100 anni di lavoro, ma il fatto in sè che i nostri prodotti sono presenti nelle esposizioni permanenti di oltre 50 musei d’arte contemporanea, il che certifica che portiamo nelle case delle persone oltre 350.000 opere d’arte ogni anno.
Non tanto il fatto di fare beneficenza, per un importo pari al 2% dell’utile annuo, quanto la scelta di ripartire il valore economico prodotto in modo equo e responsabile, tra tutti coloro che contribuiscono a crearlo (a partire dai dipendenti, ai quali va circa il 10% dell’ebit in termini di premio di risultato e partecipazione al risultato aziendale).
Non solo i progetti speciali per i dipendenti e le loro famiglie, che pure esistono e qualificano la relazione con loro, ma il fatto in sé di lottare per garantire oggi il 4,4% dei posti di lavoro dell’industria in una Provincia che ha subito drammaticamente il contraccolpo della crisi negli ultimi 20 anni.